“Qualche giorno fa ero in mensa durante il pranzo dei ragazzi. Da tempo noto come parecchi abbiano preso l’abitudine di salare abbondantemente il cibo, già opportunamente condito dai nostri cuochi, ovviamente. Ho pensato così di chiamare vicino a me uno di quei giovanotti (lo chiameremo Samuele) per andare insieme dal nostro cuoco e chiedergli direttamente se, nel cucinare i piatti per i ragazzi, fosse un po’ parco nel sale visto che Samuele, e altri con lui, ogni giorno aggiungono sale ai piatti. Ne è nato un dialogo bellissimo, pacato, di comprensione reciproca in cui Gianluca, il cuoco, ha spiegato a Samuele quali siano gli effetti che un abuso di sale genera nel lungo tempo nel nostro corpo”.
Leggendo voi direte…cosa centra tutto questo con don Bosco e con la sua festa?
Penso che in oratorio da don Bosco, a Torino-Valdocco, ci fosse un clima di casa così famigliare e genuino che situazioni del genere probabilmente erano all’ordine del giorno! Si perché all’inizio della storia salesiana, di cui noi siamo gli attuali eredi, in oratorio, assieme ai ragazzi, c’erano adulti di differenti età e vocazioni che assieme a don Bosco condividevano la comune missione dell’educazione e dell’istruzione dei giovani, specialmente “i più poveri e in pericolo”.
L’episodio narrato ci dice che anche il Collegio Immacolata è, come Valdocco, casa che accoglie; uno spazio, dei tempi ma soprattutto un’occasione di incontri, relazioni, crescita in cui insieme alunni, insegnanti, animatori, genitori, educatori e Figlie di Maria Ausiliatrice, possiamo crescere insieme nel fare casa con don Bosco e madre Mazzarello!
Racconta don Bosco, ricordando i primi anni del suo ministero sacerdotale a Torino quando la domenica faceva oratorio con i ragazzi ma non aveva ancora un posto fisso in cui incontrarli, per cui vagava di prato in piazzale dando loro appuntamento al luogo stabilito per la settimana successiva:
“Io ero angustiato. Ma ecco che in un primo sogno vidi non molto lontano dal Rifugio della marchesa di Barolo dove già radunavo i ragazzi, una casa che mi fu indicata essere destinata per me e per i miei giovani. Il giorno dopo andai subito sul luogo a vederla ma nel visitare quel luogo vidi subito che era una casa di malaffare. Rimasi mortificato e mi vergognai di aver potuto credere in quella visione. Continuammo quindi meglio che potevamo a radunare la domenica i ragazzi ora in un posto, ora in un altro per tenere i nostri incontri, confessare, predicare, giocare…
Feci un secondo sogno molto simile e poi un terzo. Solo in quest’ultimo una voce mi disse “non temere di andare in questa casa”. Ne fui molto contento e cercai il modo di avere quella casa; quand’ecco che il padrone del prato in cui eravamo soliti andare con i ragazzi mi venne a trovare e mi vietò di tornare la domenica successiva perché ormai gli avevamo pestato tutto il terreno rendendolo inutilizzabile. Fui di nuovo senza un luogo in cui radunare i miei giovani. Ma ecco che il giorno dopo si presentò a me il padrone della casa che vedevo nel sogno a dirmi: – Sento che lei cerca una casa per fare un laboratorio; allora se vuole affittare la mia, io gliela affitto – Appunto cerco una casa, sì, per fare un Oratorio – Si un laboratorio soggiunse il buon uomo. – No, non un laboratorio ma un Oratorio precisai io. – Si, sì; oratorio, laboratorio…è lo stesso. Andai a vedere l’interno di quella casa e la trovai deforme e così bassa che era davvero difficile entrarvi. Scavammo il pavimento di un metro per renderla accessibile e farci una Cappella”.
Questa fu la prima casa stabile dell’oratorio di don Bosco, un luogo piccolo, inadatto ad accogliere i tanti giovani che il carisma di don Giovanni Bosco riusciva a convocare ogni fine settimana; ma a partire da questa piccola tettoia scavata, trasformata in cappella e capace di contenere tanti ragazzi, con pazienza, perseveranza e affidandosi alla generosità della Provvidenza, don Bosco allargò sempre più la sua casa dando ospitalità a giovani che non sapevano dove vivere, a ragazzi che cercavano un’istruzione, a piccoli che avevano bisogno di imparare un mestiere e lavorare per poter aiutare in casa, a salesiani come lui, a padri e madri di famiglia, a lavoratori professionisti che, stando a Valdocco, si prendevano a cuore la crescita di ogni singolo giovane.
È questa la casa che abbiamo voluto ricordare in questi giorni in preparazione alla grande festa del 31 gennaio. È questa la casa che vogliamo provare a vivere qui al Ciofs-fp Don Bosco insieme al Collegio Immacolata, a tutte le aziende che ci accolgono per lo stage formativo e agli adulti che ci vogliono bene.
Durante la festa di questa mattina, unendosi con una classe della scuola primaria e una della scuola secondaria di primo grado, i nostri ragazzi si sono divisi in squadre; c’erano i muratori, gli imbianchini, gli architetti, gli idraulici e gli elettricisti, figure indispensabili per la costruzione di una casa.
Ai nostri giovani auguriamo di poter essere protagonisti della loro vita e della società e di costruire un mondo sempre più buono, mettendo in cantiere tanti piccoli gesti quotidiani che possono fare la differenza.
Evviva don Bosco!