Il passaggio dalla Scuola Secondaria di Primo Grado alla Scuola Superiore è chiaramente un cambiamento; tutto cambia! Cambiano la scuola, gli insegnanti, i compagni di classe, le materie, cambiano le amicizie, mutano i valori, gli interessi personali…

Ogni cambiamento presuppone un processo di adattamento non facile da accettare e da interpretare; questo accade per tutti i cambiamenti e anche per quelli legati alla scuola; si parla in questi casi di resilienza virtù che, se costruita e pianificata all’interno di una visione strategica, aiuta a costruire il futuro. Ma che cos’è la resilienza?

Prima di capire se e come introdurre il concetto di resilienza a scuola cerchiamo di capire cosa essa sia effettivamente.

Nell’ambito psicologico resilienza fa riferimento alla capacità di reagire di fronte alle difficoltà (dalle criticità più semplici ai traumi importanti) e non è un modo semplice per “continuare ad andare avanti”, ma di uscire dalla situazione critica con un cambiamento (adattamento), maggiormente rafforzati. Si tratta, insomma, di una combinazione efficace di forza e flessibilità che ci permette di “rialzarci in piedi” dopo un evento negativo.

Ne parla in modo dettagliato, nelle sue ricerche e divulgazioni, il grande Daniel Goleman, autore di Intelligenza Emotiva. I soggetti resilienti hanno una personalità caratterizzata da:

impegno attivo, coinvolgimento nelle attività con entusiasmo, controllo o convinzione di poter dominare le situazioni anche se parzialmente, propensione positiva per le sfide, concepite come molla per il cambiamento e non come degli ostacoli.

Egli sostiene che la resilienza, così come altre “competenze” emotive, sono soltanto in parte innate e si possono implementare e addestrare. Ecco che la Scuola è uno degli ambienti più importanti per i ragazzi che cominciano a mettersi in gioco nel mondo al di fuori della dimensione familiare ed iniziano ad affacciarsi al mondo del lavoro. Imparare a coltivare la resilienza a Scuola può essere determinante per il futuro del discente.

Il gruppo-classe è un sistema complesso che pone stimoli e sfide sotto diversi punti di vista: la vita sociale, il rapporto con l’autorità degli insegnanti, la competizione con gli altri e con se stessi per ottenere buoni voti, l’acquisizione di un metodo, la capacità di problem solving e di problem setting. Un’ottima situazione per allenarsi alla vita vera.

 

La Resilienza e il successo

Allora perché parlare di resilienza a scuola? Perché potenziarla?

Sicuramente i ragazzi resilienti godono dei benefici di questa loro attitudine naturale a scuola, così come negli altri ambiti della loro vita.

La resilienza ha degli effetti estremamente positivi durante il percorso scolastico, impattando su autostima, autoefficacia e auto-consapevolezza, favorisce la costruzione di un’identità solida, necessaria affacciandosi al mondo del lavoro. 

La domanda, molto spesso, è – tenendo sempre presente che si tratta di risorse interne in parte innate dell’individuo e fattori ambientali – come facilitare nei ragazzi questa adattabilità alle svariate situazioni, questa predisposizione al cambiamento per il raggiungimento dei propri obiettivi? Daniel Goleman stesso, in più occasioni chiarisce che il “contributo” dell’ambiente è fondamentale. Ed è qui che si può inserire la Scuola, ovviamente potenziando l’ambiente familiare.

I percorsi didattici

Oggi ci sono diverse sperimentazioni nel mondo della Scuola che, grazie ad insegnanti lungimiranti, hanno deciso di intraprendere, spesso con grande coraggio e dispendio di energie, questa nuova sfida. Il “contributo” ambientale alla resilienza che viene dalla Scuola dipende proprio dagli insegnanti che desiderano lavorare per potenziare quell’insieme di componenti che migliorano l’adattamento e la creatività di cui ci dota la Natura.

L’interazione con l’ambiente permette di mettersi e metterci alla prova, misurare gli effetti positivi del cambiamento e dell’adattamento. Infatti percorsi didattici che prevedono continue modifiche, adattamenti e che premino la flessibilità possono dare un grande contributo allo sviluppo della resilienza nel lungo periodo.

 

Cos’è l’autoefficacia tanto decantata nell’Intelligenza Emotiva di Goleman?

Si esprime come profonda fiducia nelle proprie competenze e capacità. Fa riferimento alla sicurezza con cui si “individuano e si affrontano” i problemi. Quando si ha scarsa autoefficacia non ci si sente all’altezza della situazione e si approcciano le attività assegnate anticipando il proprio fallimento. Insomma la profezia che si autoavvera ha davvero vita facile. Allenare alla fiducia in se stessi permette invece di affrontare senza pregiudizio le attività quotidiane, lo spietato mondo del lavoro e di dare il giusto valore a vittorie e fallimenti.

Resilienza e autoefficacia, assieme a scuola.

Definiti i concetti in oggetto, ecco che diventa immediatamente chiaro perché resilienza e autoefficacia a scuola sono parte di un allenamento mentale che ha delle ricadute sull’alunno nella sua totalità. Sempre secondo Goleman, i tre fattori promotori da considerare sono: l’indole, la famiglia e l’ambiente sociale, in cui rientra ovviamente l’ambito scolastico. 

Le strategie principali per insegnare e formare alla resilienza sono:

  • la pratica dell’empatia
  • la responsabilità;
  • potenziare l’attitudine a prendere delle decisioni;
  • insegnare l’ottimismo attraverso critiche costruttive (non violente);

Come proporre l’autoefficacia in modo funzionale alla costruzione di un individuo indipendente.

Secondo lo psicologo canadese Bandura a scuola è necessario:

  • proporre dei modelli di comportamenti o attività che dimostrino fiducia in se stessi e nelle proprie capacità; 
  • proporre situazioni problematiche che siano sempre alla portata degli studenti, quindi obiettivi raggiungibili che non alimentino sempre il fallimento; 
  • la “leadership” degli insegnanti, soprattutto se amati dagli studenti, è molto importante. Le loro parole di incoraggiamento possono costituire una forte base per l’autoefficacia.

L’utilità della Resilienza nell’epoca dell’iper-comunicazione.

Rendere una persona resiliente vuol dire sostanzialmente rafforzare la sua capacità di gestire le difficoltà, di far fronte ai cambiamenti improvvisi, proporsi alle sfide di ogni giorno e relazionarsi in maniera efficace con gli altri; vuol dire rafforzare la capacità di ripresa di un giovane studente che, oggi più che mai, nell’epoca della Comunicazione iper-veloce e della “democrazia della Parola”, spesso si trova a doversi scontrare frontalmente con delle difficoltà relazionali importanti. La capacità quindi di “saper stare nella relazione autentica” diventa un valore aggiunto per chi la resilienza la sa adoperare anche in ambito relazionale.

È chiaro che nel momento in cui un giovane individuo riuscisse ad avere una gestione di sé, delle relazioni e del mondo di questo tipo, una volta uscito da scuola, proporsi nel mondo del lavoro diventa credibili e non più così utopistico. Ma soprattutto se davvero riuscisse a sviluppare una resilienza tale da poter reggere frustrazioni, delusioni e i “no” della società moderna, diventerebbe a tutti gli effetti un soggetto solido e spendibile per qualsiasi realtà lavorativa.

Il lavoro c’è, non manca, 

mancano piuttosto esseri umani giusti che sappiano viverlo, svolgerlo e farne una loro passione.

Addestriamo i nostri figli a questo, 

a stare nella difficoltà, nell’inconvenienza, nell’imprevisto e nella frenesia.

Addestriamoli alla resilienza.

E forse saranno un po’ più pronti.